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Come si raggiunge l’equilibrio di performance nel WorldSSP? Ce lo spiega Scott Smart

Wednesday, 6 April 2022 08:45 GMT

Il Direttore Tecnico FIM WorldSBK analizza il nuovo regolamento e ci fornisce tutti i dettagli sulle moto della ‘Next Generation’ affermando anche che in futuro potremmo vedere altre Case in pista

Il Campionato del Mondo FIM Supersport 2022 vedrà l’inizio di una nuova era dato che saranno presenti delle nuove moto e dei nuovi costruttori. Il Direttore Tecnico FIM WorldSBK Scott Smart ha avuto un ruolo chiave in questo percorso e ci fornisce tutti i dettagli a partire dalla pianificazione fino alla modalità che permetterà a tutte e cinque le Case di competere in modo equo, senza tralasciare il processo alla base della definizione del bilanciamento delle prestazioni e a cosa possiamo aspettarci in futuro.

 

Quanto tempo è stato necessario per dar vita alla ‘Next Generation’ del WorldSSP?

“Alcuni anni fa siamo passati al controllo elettronico dato che avevamo questo in programma e in mente perfino alcune stagioni fa. Avendo a disposizione il controllo elettronico, ogni Casa e ogni team ha la stessa opportunità di mettere a punto il freno motore, la prestazione del motore e il feeling della moto per i piloti. Questo ci dà il potere di utilizzare qualcosa che avevamo già integrato nel software per controllare la potenza delle moto. È stato un progetto interessante durato due anni e mezzo e tanti notti insonni ma penso che adesso ne vediamo i risultati!”.

 

Come avete avuto la certezza che tutte e cinque le Case saranno competitive, perfino con motori diversi?

“Abbiamo personalizzato le regole per costruttore. Su una Triumph il costruttore può apportare delle modifiche al motore, su una Ducati è presente un motore quasi standard senza modifiche eccetto alcuni dettagli in termini di affidabilità mentre MV Agusta non può compiere alcuna modifica se non per le parti legate all’affidabilità. Quindi gli obiettivi sono due: avevamo bisogno che i motori rispondessero al nostro totale di cavalli o che fossero superiori, avevamo bisogno di fare tutto questo in modo economico e avevamo bisogno che i motori fossero affidabili in modo che un team possa investire su due o tre motori per la stagione. Prima, le moto del WorldSSP, dato che erano molto affinate, presentavano un rischio di rottura molto maggiore e alla fine dell’anno dopo aver utilizzato tutti e cinque i motori, tutti e cinque erano finiti! Ora siamo potenzialmente in grado di utilizzare due motori per anno dato che non sono al limite della performance e quindi saranno molto più affidabili. Quindi abbiamo raggiunto una maggiore sicurezza e anche un risparmio”.

 

Cosa c’è esattamente dietro le quinte? Come si calcola il bilanciamento delle prestazioni?

“Utilizzando l’elettronica, abbiamo messo tutti i motori su un banco di prova, quindi non utilizziamo un algoritmo ma un modello di performance. Abbiamo creato un software con Dorna e Mectronik che ci ha permesso di modellare esattamente la performance e l’accelerazione delle moto in rettilineo. Abbiamo quindi considerato l’aerodinamica della moto; l’inerzia della moto, il peso delle parti interne al motore, quanto sia difficile farle girare e quanto siano pesanti le ruote e altre varie cose come ad esempio quanto vuole impennare la moto”.

“Il principale aspetto che abbiamo misurato precisamente dopo oltre un mese di lavoro sul banco di prova riguarda esattamente quanta coppia ha ogni singolo giro al minuto e la posizione dell'accelerazione. Come nostro riferimento abbiamo preso la Yamaha R6 e la ZX-6R dato che sappiamo come possono rendere e in sostanza limitiamo o modifichiamo la potenza a diverse fasce di giri al minuto delle moto della ‘Next Generation’ in modo che possano combinare quell’indice di performance”.

 

Cosa sono i minimi e i massimi e perché vengono implementati?

“La ragione per cui abbiamo un peso minimo in senso stretto sta nel fatto che non lasceremo andare la moto da sola sotto quel peso dato che per farlo si iniziano a utilizzare materiali molto costosi. Carene sottili, protezioni al manubrio e resistenza ridotta di componenti che avrebbero un costo elevato. Elementi di fissaggio in alluminio o titanio, ogni parte sarebbe molto leggera e inoltre porterebbe a una moto molto costosa ma anche molto fragile. Ecco perchè abbiamo definito un minimo”.

“Un massimo flessibile è relativo al fatto che crediamo ci sia un limite per la zavorra e perché crediamo non si debba mettere più di un certo peso sulla moto. Se vanno oltre il massimo flessibile ma non raggiungono il limite minimo in termini di peso tra quello del pilota e quello della moto dobbiamo semplicemente accettare che il pilota è molto piccolo. In ogni caso inizi a trovare uno svantaggio con un pilota più piccolo dato che non può muovere il proprio peso per il grip e potrebbe non essere così forte per manovrare la moto e quindi c’è un equilibrio. Un pilota piccolo va bene per una moto piccola ma una Supersport è ancora una moto potente e quindi serve un po’ di forza”.

 

Quindi, qual è il risultato di tutto questo per ogni costruttore della ‘Next Generation’?

In sostanza non permettiamo a una MV Agusta con un motore da 800cc di essere in piena accelerazione per l’intero numero di giri. Il limite più o meno è pari all’80% dell’accelerazione. Lo stesso vale per Ducati mentre Triumph in alcune zone raggiunge circa il 95% dell’accelerazione. Utilizzando l’elettronica possiamo ridurre la potenza di uscita. Hai un motore più grande e meno affinato che funziona con lo stesso rendimento di uno da 600cc. Ecco perché possono scendere tutti insieme in pista”.

 

Avete provato questo modello?

“La nostra prima gara in questo senso è stata quella della Daytona 200 Miglia ed è stata molto equilibrata, regalandoci uno degli arrivi più ravvicinati della Daytona da tanti anni. Visivamente non si sarebbe riusciti a separare le loro performance; in pista era presente un team di noi con un sistema di registrazione dati abbastanza dettagliato che trasmette le informazioni da un enorme numero di parametri dall’ECU in modo da poter capire perfettamente la performance delle moto in pista”.

“Il nostro lavoro è stato svolto con delle performance teoriche con dati e calcoli ma la Daytona per noi è stata un’ottima occasione dato che – pur con tutti i test del mondo – quando i piloti spingono al massimo questo ci permette di avere il miglior set di dati in termini di performance. Tutto ciò ha validato il nostro modello; il nostro modello di performance, nel mondo reale, è coinciso con i cambiamenti che abbiamo fatto in termini di limitazioni. Siamo molto contenti da ciò che è emerso dagli ultimi due test e dalla Daytona”.

 

Altri Campionati nazionali seguiranno questo percorso e, in caso, cosa significa?

“Nelle prossime due stagioni vedremo cinque o sei Campionati tutti allineati con le stesse regole e ciò sarà meglio per tutti. Significa che i piloti possono spostarsi, possono correre come wildcard con la moto con cui gareggiano in ambito nazionale e questo rende più facile ai costruttori realizzare i kit e le parti necessarie per le gare. Quindi sono tutti vincitori! L’anno scorso il BSB è stato nostro partner per permettere l’esordio di queste moto e lo stesso è già avvenuto quest’anno nei campionati che si disputano in Italia, Spagna e Stati Uniti. Ci sono anche altre competizioni che pensano di fare lo stesso quest’anno”.

 

In ottica futura, vedremo altri costruttori approdare nel WorldSSP?

“Ci stiamo confrontando con un paio di costruttori e questo era l’obiettivo. Abbiamo allargato il WorldSSP a una fascia di moto e costruttori più ampia con la flessibilità di utilizzare i motori che non sono semplicemente un 600cc a quattro cilindri. Abbiamo aperto le porte e ci sono dei confronti in corso con diversi costruttori, quindi c’è la possibilità che nel giro di cinque anni potremmo vedere altre tre Case nel WorldSSP. Spero di vedere l’ingresso di un altro costruttore perfino nel giro di due anni. Non necessariamente si tratta delle Case a cui pensa la maggior parte della gente!”.

 

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